Il giorno di Mario

DAL MEKONG AD ANGKOR | Kel 12 - Cultura del Viaggio

L’ultima Messa è detta, fatto l’ultimo sacco

per la tua ultima partenza dalla base.

Paolo è con te per l’ultimo cammino.

Solo tu, o Gesù, sai quanti passi faremo ancora nel mondo

Dopo di questi, non ce ne saranno più.

Ventisett’ anni di cammino: lontanissima la Bolghera.

Tempo di Pasqua, un tardo aprile in albis preannuncia il tuo passaggio.

L’hai sempre presagito; ma adesso, non lo sai.

Profeta in cronaca dalle pagine del Diario,

mistico in racconti di vita quotidiana,

Mario e Armando mescolati insieme

pronti entrambi per passare avanti.

Uomo felice di passione e canti,

di sofferenze sole, d’intime  lotte sconosciute a tutti,

di volontà forte, ingenua ed arrembante

di realtà povera, normalissima,

provata tutti i giorni.

Voli di santità e atterraggi dolorosi

sulla terra nostra

di noi tutti, senza ali e senza fiabe,

senza sconti per nessuno.

Dio ti circonda, ti avvolge, ti respira da ogni lato.

Quanti  Si Gli hai detto?

Non bastano, non bastano, non bastano.

Non esiste il sì definitivo, finché non arriva quel momento.

Quante parole bellissime Gli hai scritto.

Quante durissime ne hai rivolte a te.

Ti sei detto tutto, non ti sei nascosto nulla.

Tutto quel gran parlare silenzioso,

tutto tra te e Lui, tutto sulla carta

si spezzerà di colpo, da qui a poco.

Non serve più parlare, sulla croce che ti arriva addosso.

Solo, abbandonato.

Paolo con te, abbandonato e solo pure lui.

Nelle mani di soldati in armi: vostro il Calvario, in Laos.

Che avrai pensato, Mario ?

Che avrai sentito, che avrai pregato?

Respiro a fatica, mi sento tutto sobbalzare.

Assalito dalla paura di morire , di impazzire,

di essere abbandonato da Dio

Ma non è nulla.

Gesù mi ama egualmente

e io lo amo.

Parlano per te, le tue parole,

scritte in altri giorni, lampi di verità futura.

Parlan per te, che non potrai parlarne.

Ho scelto la croce come mia gioia

La gioia che trabocca dalla croce

Eccola.

Trabocca e versa e te ne inonda.

Il sangue, il male, le urla, i colpi.

Gesù  ti è fratello.

Tu sei di Cristo.

A  Dio, per sempre.

Il silenzio degli innocenti

Dimenticano una candela accesa e scoppia l'incendio

La giornata del silenzio, viene anche chiamato il sabato santo.

Ci entro insieme a Mario, in attesa di concludere insieme a lui questo piccolo viaggio verso l’immagine dell’Uomo dei dolori. Non potrei avere un compagno migliore. Che mi rende la cosa – prima di tutto – una storia di Amici, e una storia di vita: altroche una storia di morte .Quel volto che sta per incontrarmi attraverso uno schermo televisivo o di un computer, Mario lo vede faccia a faccia, gli occhi negli occhi.

Nel pensare questo, mi viene in mente tutta la determinazione, la tenacia e la forza con cui Mario ha  lottato per arrivare al suo appuntamento cruciale. Quello che per me è e resta un argomento scomodissimo, da maneggiare con doppie molle- il martirio – Mario lo tiene presente da sempre, e come punto fermo, in tutto il suo Diario. Ci lavora costantemente sopra, come si fa con le cose importanti a cui si tiene. E mai per fanatismo o per esaltazione. Ma per lucida consapevolezza di come vanno le cose. Questo ragazzo , un quadro di salute e di forza, un compendio di doni naturali e qualità umane, scrive da ventenne o poco più un frase programmatica come questa: Voglio formarmi una fede e un amore profondi e granitici, altrimenti non potrò essere martire. La fede e l’amore sono indispensabili.

Una sintesi tutta “da Mario”: radicale e defintiva. Soprattutto, completa.  Voglio formarmi: perché la fede è dono, ok. Ma quel dono io posso anche metterlo in cassaforte e farne nulla, o sbatterlo in soffitta per pensare ad altro, o contemplarlo compiaciuto con le mani in mano e stop. Mario ci vuole- al contrario – lavorare sopra: formarsi indica lavoro di cesello, di preparazione, di studio, di allenamento, di vita. Di teoria, di pratica, di studio, di dolore, di gioia, di esperienza maturata e mai sufficiente . Poi: Fede e amore; perché la fede, da sola, puo’ spingerti verso la contemplazione estatica che si esaurisce in se stessa, e l’amore, da solo,  bruciarsi in vampate di  sentimentalismo spirituale tutto fumo e niente arrosto. Per Mario invece uno è fondamento dell’altra, e tutti e due sono indirizzati, finalizzati al traguardo finale : la testimonianza, il martirio. Che poi, fuori dai paroloni devoti, vuol dire una cosa sola, senza tante storie: seguir Gesù, fare come Gesù, fare Gesù. Una fede e un amore profondi e granitici: che sono due termini che possono suonare velleitari e fuori sincro con il linguaggio a cui oggi io sono abituato. Eccecredo. Il fatto è che sono io, ad essere fuori sincro con questa visione piena e matura, genuina e autentica di sequela Christi. Chi si confronta  veramente con la prospettiva operativa e esistenziale del martirio, non ha paura del suono e del significato delle parole, deve temere ben altro, perché scende a ben altra profondità. Tralascia tutto l’armamentario dell’umanamente e spiritualmente corretto e addomesticato, perché punta al sodo, all’essenziale. Appunto, per dirla con Mario, all’indispensabile.

Ecco perché, anche se Mario fa una scelta concretissima,  che lo porta ad abbandonare tutto di sé e del suo mondo per imbarcarsi verso il lontanissimo Laos a immergersi per sempre nelle sue fitte boscaglie e villaggi, non perde mai di vista che il vero campo, la vera missione che lo attende è dentro di sé. Dice : L’apostolato da fare non è fuori, nei villaggi sulle montagne: è dentro di me. Altrimenti sarò  una  voce spenta, un cadavere ambulante che non porta il Cristo.

Beh, io come testimone sono una schiappa. Ma una cosa posso testimoniarla: che la voce di Mario, che ci arriva  forte e chiara, sempre più forte e sempre più chiara dal suo Diario, è tutt’altro che spenta, anche se hanno voluto soffocarla del tutto facendolo brutalmente fuori.  Ne han fatto un cadavere per davvero:  liberandone, come è stato per il Modello originale, tutto l’esplosivo potenziale di messaggio e di vita vera. Così che possiamo chiederci anche nel suo caso: perché cercare tra i morti colui che vive?

Qui è il senso ultimo di questo ragionare , di questo interrogarsi, di questo pellegrinar vituale che si conclude oggi. Perché io posso continuare a passare  la vita a barcamenarmi, schivando per quanto possibile dolori e  difficoltà, a cercare la tranquillità, a bruciare  ogni forza di programmazione  per prevedere e evitare le tempeste, a tentare con ogni energia di essere appagato…

Ma tutto questo sbattimento, per che cosa?

Per chi e per che cosa conservarmi,  disperatamente,  nella  vita quotidiana? Per  garantirmi, oltre al presente così che già mi sono  costruito , un mediocre futuro di rimpianti, sospiri rassegnati, finte favolette, frustrazioni mascherate?

Che lezione mi viene da tutto questo leggere Mario, che mi porta dritto dritto al suo Maestro?

Quella di non aver paura di lasciarmi bruciare: sono cosi’ freddo. Di  lasciarmi consumare: non sono fatto per la cassaforte. Di lasciarmi  fare a pezzi dagli altri: scoprirò di avere possibilità pazzesche di moltiplicarmi. Di lasciarmi mettere sulle spalle la croce di chi mi sta vicino: è un peso vero, grandissimo, ma  mi solleva da tanti pesi tutti mentali e tutti miei, costruiti con le mie  stesse mani. Di lasciarmici  mettere , quando è il momento, su quella benedetta e spaventosa croce, dove Gesù mi aspetta.

La domanda è : incontrarlo  nel suo abbraccio potente e infuocato  o conservarmi ibernato in me stesso?

La felicità integrale è a un passo. Se farlo, o meno, quello spetta a me.

Come tutti quelli che la morte mi ha portato via di mano

Anche Tu sei freddo

immobile

come un insulto alla creazione.

La Tua morte è vera, come tutto in Te.

Chiuso per davvero

In una tomba vera.

Amico mio e fratello:

tra poco farai nuove

le cose tutte

e anche me

Questo sabato

è  l’ultimo gradino che hai sceso

per venirmi a cercare

L’ultimo giorno della mia vecchia vita.

Ma che Dio sei?

Cristo di San Giovanni della Croce. Opera di Salvador Dalí

E così, oggi, nel giorno livido del Golgotha, le strade si uniscono e diventano una.

Dio muore.

Una contraddizione in termini, l’acceleratore a manetta, le cose spinte fino in fondo.

Lo stupore e la tenerezza del Natale finiscono definitivamente su una forca.

Ma non finiscono per nulla, in realtà. Si compiono. E’ qui e oggi, che Dio si fa uomo.

Per davvero e fino in fondo.

Il Vangelo non è che una lunga tappa di avvicinamento a questo momento di rivelazione completa.

Mario ne è sempre stato consapevole e partecipe.

Consapevole della profondità del mistero dell’amore, che contempla in tante infuocate meditazioni eucaristiche personali. Partecipe , fin dall’inizio, intuendo, presagendo, comprendendo sempre meglio la sua scelta di condividere TUTTO con il suo Amico, Signore e Maestro.

Il suo Diario, bellissimo e tribolato, non è che una lunga tappa di avvicinamento a questa immedesimazione completa .

In Mario, come nella folla di martiri beati di tutti i tempi, si compie la strada speculare e opposta. E’ nel giorno del suo martirio in Laos, è lì e allora, che si fa come Gesù.

Per davvero e fino in fondo.

Occhio, però.

A non scambiare questa giornata per un mistero teologico, e basta.

A questa tentazione, serve come potente antidoto la Sindone. Che sta lì a documentarci, a fotografare per la nostra mente, il nostro cuore e i nostri sensi, che cosa vuole dire, veramente, la croce. Perché si fa presto a recitare, nel Credo, “patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto“. La Sindone non recita nulla, ma ti obbliga a guardare, a fare esperienza visiva. Del fatto che la nostra teologia si sia tradotta nella cronaca: nera, nerissima, per giunta. Del fatto che il nostro Dio, quello che affermiamo essere ” un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili… un solo Signore, Gesù Cristo,unigenito Figlio di Dio,nato dal Padre prima di tutti i secoli:Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre” , bene, quel Dio va a finire catturato, imprigionato, processato, condannato, torturato a sangue, massacrato, trafitto, inchiodato. Morto ammazzato.

La venuta di Dio sulla terra finisce così. Inizia in un nascondimento carico di promesse e finisce in una esecuzione pubblica.

Occhio, allora. Non ci si puo’ mettere davanti a quel telo con la verità in tasca. Manco la verità della fede. L’unica certezza che posso avere, lì davanti, è che rischio di non essere affatto vicino al Dio di Gesù Cristo che la Sindone ci rappresenta. Sono altri, al contrario, che possono sentirsi vicini a Lui.

Tutti coloro che sono nel dolore. Nell’abbandono. Nella solitudine. Nella angoscia.

Tutti gli emarginati, i reietti, i rifiutati.

Tutti quelli che sono inchiodati alle proprie schiavitù, alle proprie dipendenze, alle proprie inabilità, alle proprie malattie.

Tutti i morenti soli e senza speranza.

Tutti i morti. Tutti i Mario della storia. E tutti coloro che ne restano privi e che li piangono.

A ben vedere, forse, la Sindone non dovrebbe neppure essere esposta in una chiesa. Avrebbe forse più senso incontrarla in ospedale, in carcere, in una comunità di accoglienza, in un obitorio, in un campo profughi, in una tendopoli di sfollati.

In uno dei tanti luoghi di martirio, come quello di Mario e Paolo.

E’ lì, infatti, che si incontra certamente il Dio di Gesù Cristo.

Mio Signore devastato

che cosa Ti hanno fatto?

La Tua tenerezza

è più forte della mia cattiveria,

la tua fissità

più potente della mia fuga.

Posso anche resistere a Dio…

non posso resistere a Te.

Gesù: sei proprio mio fratello

Venerdì Santo 2021.

DARSI TUTTO

Ho voglia di Te, continuamente.

Non c’è più niente che mi sfami

niente che mi dia più pace.

Come posso restare

con le mani in mano

dopo che mi stai così vicino?

Ho voglia di vederti,

di parlarti,

di toccarti,

di sentire il Tuo respiro e la Tua voce

di sentire il mio nome sulle Tue labbra

di chiamare forte il Tuo

e vedere che Ti volti.

Devo farne a meno.

Ma tu prendi la mia vita,

prendila ogni giorno per arrivare agli altri

a chi non Ti conosce

a chi non Ti ha incontrato,

a chi ha la mia stessa fame

ma non sa che è Te che cerca.

“O capitano, mio capitano…”

Mio capitano, pieno di Passione

che mi hai preso dentro e non mi molli piu.

Giovedi Santo 2021.